Parent Coaching: un po’ di storia
Il coaching è ancora poco conosciuto in Italia.
È una disciplina nata negli Stati Uniti in ambito sportivo a metà degli anni ’70 per migliorare le performance degli atleti. Il concetto di fondo del Coaching Sportivo è che un atleta riesce ad esprimere la sua performance ottimale nel momento in cui riduce al minimo gli ostacoli personali interni.
Dagli anni ’90 il coaching è stato sempre di più applicato in ambito aziendale (Business Coaching, Team Coaching, Corporate Coaching, Career Coaching…). L’obiettivo in questo caso è liberare le potenzialità della persona affinché riesca a portare il proprio rendimento al massimo.
Poco dopo, con l’avvento della psicologia positiva, gli strumenti di coaching sono stati applicati anche ai contesti di cura della persona e all’ambito privato e familiare. Nel primo caso si tratta per esempio di percorsi di Health Coaching o Diet Coaching per favorire il mantenimento di una dieta o l’assunzione di uno stile di vita sano. In ambito privato e familiare sono nati il Parent Coaching, il Teen Coaching rivolto agli adolescenti e il Coaching di coppia.
Il fine è sempre il raggiungimento degli obiettivi prefissati e il miglioramento della performance o l’incremento dei risultati, grazie all’individuazione e all’utilizzo delle risorse interne personali.
Cosa non è il Parent Coaching
Il Parent Coaching non è una tecnica psico-educativa, quindi lo specialista non “dà lezioni” né indicazioni su cosa fare o non fare. Piuttosto, lo psicologo aiuta ad acquisire consapevolezza nelle proprie risorse e possibilità di azione.
Il Parent Coaching non è nemmeno un percorso di psicoterapia.
Non si focalizza su tematiche del passato ma su problemi e questioni del qui ed ora. Tuttavia è importante, anzi forse fondamentale, che il Coach sia uno psicologo psicoterapeuta. Infatti solo uno specialista adeguatamente preparato ha conoscenze, competenze e strumenti per valutare la situazione e indirizzare la famiglia verso il percorso più idoneo.
In altre parole solo uno psicoterapeuta può valutare se le problematiche presentate possano essere affrontate con un percorso di coaching o se abbiano radici più profonde e sia più idoneo un percorso terapeutico.
Come è strutturato un percorso di coaching
Un percorso di coaching si suddivide in tre fasi principali:
- Fase di assessment
Il primo passo è l’analisi approfondita e la conoscenza della situazione, della famiglia, dei genitori e dei figli. Questo perché ogni sistema familiare ha una propria unicità. Insieme ai genitori si analizzano il problema presentato, le strategie fino a quel momento utilizzate, i vincoli e le risorse del contesto di appartenenza. In questo modo si può comprendere quale sia l’intervento migliore e più efficace da mettere in atto. - Fase operativa
I genitori, con l’aiuto dello psicologo, pianificano gli obiettivi da raggiungere, identificano gli ostacoli da rimuovere e quali risorse (interne ed esterne) e strategie mettere in campo. I genitori sono aiutati a riconoscere e far emergere le proprie competenze. Lo psicologo offre feedback, valorizza e rinforza i risultati ottenuti, esplora nuovi bisogni, analizza eventuali ostacoli. - Fase di chiusura
In base agli obiettivi prefissati, il terapeuta e i genitori si confrontano sui risultati raggiunti e sulle nuove competenze acquisite. Il genitore ritrova la fiducia nelle proprie competenze e nella propria capacità di problem solving. Il percorso termina quando il genitore si sente consapevole delle proprie competenze.
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